
Nel giro di due anni entrerà in commercio il primo spumante made in Valli del Natisone. Il lotto numero zero di mille bottiglie sarà trasferito appena conclusi i lavori di ristrutturazione ed espletate le necessarie procedure burocratiche in una storica cantina a Drenchia Superiore. Si tratta infatti di spumante prodotto con il metodo classico, il più lungo e complesso, con ben tre anni di maturazione, ma anche quello di maggiore qualità. Lo stesso che caratterizza lo Champagne, per intenderci, rispetto a produzioni più veloci (appena un mese utilizzando grandi autoclavi per produrre le bollicine) realizzate col metodo “charmat”, come il Prosecco. Nel metodo classico, invece, il vino viene fatto rifermentare non in botti ma direttamente in bottiglia dando vita in modo naturale e senza alcuna forzatura alle classiche bollicine di anidride carbonica. Un procedimento complesso ma anche pieno di fascino nei suoi molteplici passaggi, capace di ottenere sfumature di gusto molto profonde e diversificate.«Il progetto nasce in parte dalla mia storia familiare, rappresentata da due splendide cantine, quella del ramo paterno a Drenchia Superiore e quella del ramo materno a Canalaz di Grimacco, e in parte dalla mia formazione che ha spaziato dalla laurea in Economia fino a raggiungere, per passione, il più alto grado di competenza come Sommelier. Ma più di tutto ciò che mi spinge è la volontà di fare qualcosa di bello e importante per la mia terra, che possa generare altre sinergie positive di rinascita ed essere fonte di coraggio e di speranza per il futuro», spiega Massimiliano Zufferli, 35 anni, residente a San Pietro al Natisone, il giovane imprenditore con le radici ben piantate tra il Kolovrat e la Valle del Cosizza che sta dando vita a questa innovativa e visionaria start up. Il suo business plan è stato vagliato anche dall’Università di Udine, diventando la tesi di laurea che giovedì, 22 maggio, ha portato Zufferli a conseguire il master di primo livello in «Innovazione dei sistemi agrosilvopastorali della montagna».
Il coinvolgimento del territorio non sarà, ovviamente, sul versante della produzione delle uve e dei mosti. Le Valli del Natisone, infatti, pur essendo contigue a zone importanti e rinomate di produzione vitivinicola come i Colli Orientali e il Collio, per motivi climatici, geografici e morfologici non sono terra di vigneti, anche se, evidenzia Zufferli, «le vigne hanno sempre fatto parte dell’economia di autoconsumo della nostra gente. Erano prevalentemente vitigni di Americano, ma anche di Ribolla e di altre specie autoctone, di cui oggi rimangono ben poche tracce – spiega l’imprenditore –. Se ne ricavava un vino molto tannico, secco e astringente al palato, che ben pochi oggi riuscirebbero a bere ma che faceva saldamente parte dell’alimentazione dei nostri avi».Per questo progetto, invece, le uve e i mosti verranno da tre vigneti autoctoni e caratteristici della fascia confinaria tra Italia e Slovenia, dalla Benecia al Carso. Vini con una spiccata acidità, come quelli che vengono utilizzati per produrre il migliore Champagne metodo classico ma con un proprio carattere originale che consentirà di ottenere un prodotto totalmente diverso da quello francese, come il Refosco di Faedis e lo Schioppettino di Prepotto, fino a scendere al Terrano del Carso triestino e goriziano. Zufferli è convinto che l’affinamento e la maturazione delle bottiglie nelle tradizionali cantine delle Valli del Natisone, alcune delle quali sono veri capolavori dell’architettura rurale sia dal punto di vista visivo che della funzionalità e della conservazione alimentare, possano dare al prodotto un carattere particolare nel gusto. «Non ci sono grandi evidenze scientifiche da questo punto di vista perché pochi hanno investito per affinare vino in zone montane col metodo classico e per studiarne i risultati – evidenzia Zufferli –. Mi ha stimolato la lontana eco di una storia familiare. Ricordo che, quando ero bambino, alcuni parenti ci regalavano delle bottiglie di vino autoprodotte da loro in pianura. Mio nonno si accorse, assaggiando il vino dopo che era rimasto a lungo nelle cantine delle Valli, che il gusto era molto migliorato ed evoluto. Di qui l’intuizione che condizioni climatiche e fisiche tipiche della nostra zona prealpina possono avere un peso determinate nell’affinamento».
Di una cosa Zufferli è certo: a dare più «gusto» al vino «sarà anche la narrazione che può aggiungere un territorio splendido dal punto di vista naturalistico e ricchissimo di storie, leggende e di fascino». Per le bottiglie prodotte nelle Valli del Natisone, che saranno di alta qualità e di conseguenza di un prezzo importante, tra i 30 e i 50 euro l’una, il progetto prevede una distribuzione nelle enoteche e nella ristorazione di alto livello, ma anche e soprattutto di portare clienti e intenditori a fare dei tour enogastronomici, naturalistici e storici nelle Valli del Natisone per conoscere il “terroire” di questo nuovo parente dello Champagne. Per questo, oltre alla valorizzazione della cantine storiche della famiglia, a Drenchia Superiore e Canalaz (dove si intende valorizzare anche lo storico castagno, il più grande e tra i più antichi del Friuli), Zufferli ha intenzione di aprire uno show room e un punto di degustazione a Ponte San Quirino che possa essere un punto di partenza per conoscere e scoprire le Valli del Natisone.
«Auspico che questo mio progetto possa attivare molte sinergie con chi già opera per valorizzare il nostro territorio – spiega Zufferli – e dia il coraggio ad altri, soprattutto ai giovani, di credere e di investire nei valori della propria terra. Penso ad un progetto di cantine diffuse, dove si affinano vini di alta qualità dal carattere forte e originale la cui degustazione si sposi con la riscoperta della ricchezza e della bellezza delle Valli del Natisone, ma un domani ampliabile a tutta la fascia confinaria delle Alpi Giulie». (Roberto Pensa)
dal dom