🌞Blog che parla del Friuli: in particolare delle minoranze linguistiche slovena,friulana e tedesca e non solo. ❤️ Sono figlia di madre slovena (Ljubljana) e di padre appartenente alla minoranza slovena della provincia di Udine🌞 (Benecia).Conosco abbastanza bene la lingua slovena.Sono orgogliosa delle mie origini.OLga
Il 22 febbraio 1944 veniva ucciso, a soli 22 anni, mentre combatteva per il proprio paese, il poeta, scrittore e traduttore KAREL DESTOVNIK - Kajuh. Eroe nazionale sloveno.
Abbiamo tradotto, insieme, una delle sue poesie più belle. Gianni Marizza l'ha tradotta in friulano.
DOVE SEI, MADRE
Sai, mamma, vorrei scriverti una lettera,
vorrei inviarti un saluto almeno.
E' da molto che più non siamo insieme ,
poterti dire solo questo,
che sto bene.
Dove ti posso scrivere? Sei rimasta a casa?
Io sono fortunato, sono sfuggito loro;
ma a te, cos'è accaduto,
dove ti hanno cacciata,
forse la fame, in Slesia ti ha consumata?
Ovunque tu sei, là son io con te,
ovunque, con te, il mio saluto,
e dove io sono, tu sei con me,
perciò non pensare che sia rimasto solo.
Forse, mai più ci guarderemo in volto,
ma di te non mi scorderò mai.
Vorrei non si spegnesse la mia voce,
prima di poterti dire : mamma, questo mondo è anche per te.
Kje si, mati?
Veš, mama, rad bi ti napisal pismo,
poslal bi rad vsaj kak pozdrav.
Že dolgo je, odkar več skupaj nismo,
da bi le to lahko ti rekel, da sem zdrav.
A kam naj napišem? Ste doma ostali?
Jaz sem še srečen, ker sem jim ušel;
le kaj s teboj je, so te kam pregnali,
te v Šleziji morda je glad izžel?
Kjer koli si, povsod sem jaz s teboj,
povsod je s tabo moj pozdrav,
in kjer sem jaz, si tudi ti z menoj,
zato ne misli, da sem sam ostal.
Morda nikoli več ne bova zrla si v obraz,
vendar nikdar ne bom pozabil nate.
A želel bi, da ne utihne prej mi glas,
dokler ti ne porečem: Glej, ta svet je tudi zate!
DULA' SESTU, MARI?
Sastu, mama, jò uarès scrìviti una lètara,
uarès mandàti almancul cualchi salût.
A lè tant timp che no stìn plui insieme,
uarès dìti che stoi ben.
Ma indulà ti podi scrivi? Sesu ancjamò a cjasa?
Jò soi ancjamò content, parsè che soi s'cjampât via di lôr;
Ma cun te semùt lè? A ti àn partada di cualchi banda,
forsit che tu patìsis la fan in ta Slesia?
Par dut che sestu tu, jò soi cun te,
par dut, cun te lè il me salût,
e dulà che soi jò, ancja tu tu ses cun me,
e alora no tu dèvis pensà che soi restât di besôl.
Ancja se no si viodarìn mai plui in tai voi,
jò no podarài mai dismenteàti.
Jò uarès che la me vôs no tasi,
prima di diti: viôt, chist mont al lè ancja tò.
Traduzione dallo sloveno al friulano, di Gianni Marizza
Otto marzo festa delle donne non posso non ricordare Jožica Miklavčič Tedoldi non perchè era mia madre,ma per la grandissima opera che ha fatto per la Benecia.Insieme a mio padre Vojmir Tedoldi istituì il primo giornale sloveno della minoranza slovena della provincia di Udine.Lottò contro i contrasti degli antisloveni in provincia di Udine.Fu una vita difficile per tutta le famiglia,io ero additata ed emarginata perchè ero chiamata "SLAVA" .Immaginate voi che infanzia ho avuto,ancora oggi ne porto le conseguenze.Ringrazio mia madre per l'educazione che mi ha dato;onestà,rispetto,umiltà.
Di professione insegnante, ai tempi dell'occupazione italiana di Lubiana conobbe il militare italiano Vojmir (Guerrino) Tedoldi, con il quale si sposò nel 1943. Trasferitasi in Italia con il marito, dopo la Liberazione svolse importanti funzioni nelle organizzazioni slovene di allora delle Valli del Natisone, in particolare nella Demokratična Fronta Slovencev (Fronte Democratico degli Sloveni). Dal 1948 iniziò a collaborare con la stampa, dapprima con la Soča e successivamente con il quotidiano di Trieste Primorski dnevnik. In quegli anni si impegnò anche con la Dijaška Matica, organizzazione a favore dei bambini della Slavia Friulana che frequentavano le scuole con lingua d'insegnamento slovena a Trieste e a Gorizia. Nel 1950 fu tra i promotori del giornale Matajur, di cui divenne direttore responsabile suo marito e al quale fece da braccio destro, in quanto essendo autodidatta egli non parlava fluentemente la lingua slovena. Il primo numero del giornale uscì il 3 ottobre del 1950, stampato a Gorizia presso la tipografia Lukežič, dove Jožica si recava con il treno per la correzione delle bozze. Il Matajur a quel tempo non aveva corrispondenti, e così Vojmir e Jožica percorrevano la Slavia Friulana a cercare notizie e reportage. Redasse il Matajur fino al 1973, quando la testata venne cambiata in Novi Matajur e cambiarono sia l'editore che il direttore. Continuò a collaborare con il Novi Matajur per molti anni, fino alla morte. Con la collaborazione di Tedoldi e Jožica Miklavčič venne costituito nel 1955, nel primo anniversario della morte del sacerdote Ivan Trinko, il Circolo Culturale Ivan Trinko a Udine, di cui Jožica fu responsabile fino al trasferimento del circolo a Cividale del Friuli.
wikipedia
ASPETTO I COMMENTI SU QUESTO POST DEDICATO A MIA MADRE!OLGA
Dedico questo post a tutte le donne,madri,mogli che hanno qualche familiare in guerra.Auguro a loro di essere orgogliose dei loro cari ai quali auguro lunga vita.
Otto marzo, festa delle donne, non voglio ricordare quelle famose,ma donne che hanno fatto la storia del Friuli.Donne semplici,lavoratrici,pazienti che aspettavano il proprio marito emigrato all’estero:Argentina,Canada,Australia,America,Belgio,Francia,Svizzera sperando in tempi migliori.Alcuni ritornavano ,altri no , morivano nelle miniere,magari si erano fatti un’altra famiglia.Il Friuli crocevia di popoli è sempre stato terra di emigrazione ,chi partiva portava un prezzo molto alto sia affettivo che sociale,per chi restava le condizioni di vita erano durissime.Le donne provvedevano alla famiglia,agli animali, ai campi e ai boschi.Le donne della Slavia,della Carnia lavoravano giorno e nette.D’estate salivano sulle montagne e rientravano alla sera stanche con pesanti gerle di fieno e di legna.Nei freddi inverno si riunivano vicino al “spolert” con i figli r raccontavano storie,leggende e fiabe.Queste donne,riservate,semplici e forti combattevano con dignità i problemi quotidiani. Anche loro hanno fatto la storia del Friuli.
Le portatrici carniche furono quelle donne che nel corso della prima guerra mondiale operarono, lungo il fronte della Carnia, trasportando con le loro gerle rifornimenti e munizioni fino alle prime linee italiane, dove molto spesso combattevano i loro uomini nei reparti alpini.Erano dotate di un apposito bracciale rosso con stampigliato il numero del reparto dal quale dipendevano e percorrevano anche più di 1000 metri di dislivello portando sulle spalle gerle di 30–40 kg. Ogni viaggio veniva loro pagato una lira e cinquanta centesimi, pari a 3,50 euro. La loro età variava dai 15 ai 60 anni.Tre di loro rimasero ferite: Maria Muser Olivotto, Maria Silverio Matiz entrambe di Timau e Rosalia Primus da Cleulis. Una di loro, Maria Plozner Mentil, cadde colpita da un cecchino il 15 febbraio 1916.Non tutte le portatrici erano di etnia e cultura friulana, essendo alcune provenienti dapaesi friulani di minoranza tedescofona (Sappada, Timau) e slava (Resia) da portatrici carniche
Ecco qui le portatrici del comune di Taipana, che già nei primi giorni della guerra soccorsero i soldati italiani sulla cresta dello Stol. Sulle portatrici della Slavia nulla o poco è stato scritto rispetto a quelle della Carnia, che hanno ricevuto riconoscimenti e l’onorificenza di cavalieri di Vittorio Veneto.Eppure analoga preziosa opera di sostegno alle truppe italiane, dislocate sui monti delle Valli del Natisone, del Cornappo e del Torre, esse fecero senza neppure essere ricordate e ringraziate. Le donne caricate le gerle di proiettili e di vivande seguirono le prime truppe avanzanti sui greppi che segnavano il confine, recando loro quanto poteva necessitare in quei momenti in cui, per la mancanza di strade e di sentieri, i servizi di sussistenza non avrebbero potuto altrimenti di funzionare. continua qui su lintver
Acclamatissima dal pubblico e lodata dai suoi contemporanei per il suo patriottismo risorgimentale, è stata l’attrice italiana più famosa e influente dell’Ottocento.
Biografia Attrice tragica molto nota, fu sempre applaudita dal pubblico . Figlia d’arte, parente di Francesco Augusto Bon, Luigi Bellotti Bon e Laura Bon, e capace di recitare perfettamente in inglese e in francese, riscosse notevoli successi anche all’estero, ricevendo anche elogi da Cavour, che le scrisse:«Se ne serva di questa sua autorità a pro della nostra Patria, ed io applaudirò in Lei non solo la prima artista d’Europa, ma il più efficace nostro cooperante nei negozi diplomatici.»…https://www.wikiwand.com/it/Adelaide_RistoriA lei è dedicato il teatro di Cividale e un monumento
Tina Modotti
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
«Ogni volta che si usano le parole “arte” o “artista” in relazione ai miei lavori fotografici, avverto una sensazione sgradevole dovuta senza dubbio al cattivo impiego che si fa di tali termini. Mi considero una fotografa, e niente altro.»
Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini, abbreviata in Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896 – Città del Messico, 5 gennaio 1942), è stata una fotografa, attivista e attrice italiana.
È considerata una delle più grandi fotografe dell’inizio del XX secolo,nonché una figura importante e controversa del comunismo e della fotografia mondiale.Opere della produzione fotografica della Modotti sono conservate nei più importanti istituti e musei del mondo, fra i quali l’International Museum of Photography and Film at George Eastman House di Rochester (New York), il più antico museo del mondo dedicato alla fotografia e la Biblioteca del Congresso (Library of Congress), la biblioteca nazionale degli Stati Uniti a Washington…https://www.wikiwand.com/it/Tina_Modotti
Caterina Percoto (Manzano, 12 febbraio 1812 – Udine, 15 agosto 1887) è stata una scrittrice e poetessa italiana. Nata a San Lorenzo di Soleschiano (Comune di Manzano, in provincia di Udine) in Friuli, da una nobile famiglia di avvocati, artisti e uomini di lettere, fu l’unica bambina di sette figli.
La carriera letteraria di Caterina Percoto ha inizio nel 1839, grazie a Don Comelli che inviò segretamente alla Favilla di Trieste il primo scritto di Caterina: un commento alla traduzione di Andrea Maffei di alcuni brani della Messiade di Klopstock.
Iniziò così il rapporto di Caterina con l’editore Francesco Dall’Ongaro, che ben presto diventò suo mentore.
Immersa nei paesaggi friulani, sovrintendendo al lavoro nei campi e alla coltura dei bachi da seta, ritrasse nelle sue opere lo stagnante mondo di povertà del Friuli, sotto il dominio austriaco.
Nel 1841 apparirono sulla Favilla i primi racconti della Percoto. Dall’Ongaro la fa conoscere nel mondo letterario italiano. Nel 1847, dopo un viaggio a Vienna, iniziò il lungo contatto epistolare con Carlo Tenca.
Ma con la Prima guerra di indipendenza, nel 1848, i suoi scritti divennero politicamente più impegnati, essendo rimasta sconvolta e testimone oculare dei cosiddetti “Fatti di Jalmicco”.
Racconti come La donna di Osoppo e La coltrice nuziale, riscossero un grande successo negli ambienti patriottici.
Negli anni cinquanta, inoltre, iniziò a scrivere in lingua friulana, e dopo due anni di trattative con l’editore Le Monnier, il quale temeva che i titoli in friulano avrebbero infastidito gli Austriaci, nel 1863 uscirono due volumi di racconti.
Nata nel 1920 a Spilimbergo, comune della provincia di Pordenone, dopo gli studi classici, si è laureata in lettere all’Università di Roma e ha insegnato italiano nelle scuole di Udine.Compone i suoi primi lavori letterari in lingua friulana nel 1941, ma solo dopo la fine della guerra, dal 1946, ha pubblicato alcune composizioni, sempre in lingua friulana, su riviste locali, quali Il strolic furlan, Ce fastu? e Quaderno romanzo di Pasolini.Una raccolta di racconti della tradizione orale del Friuli, curata dalla Cantarutti, è apparsa nel volume Oh, ce gran biela vintura! (1986). Gran parte della sua produzione poetica è stata pubblicata nei volumi In polvara e rosa (1989) e Clusa (2004). Ha collaborato intensamente con il periodico autonomistaLa patrie dal Friûl. da https://www.wikiwand.com/it/Novella_Cantarutti
Tina Modotti
“Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza” (Rita Levi Montalcini).
La mimosa, simbolo italiano della Giornata internazionale della donna
Nel settembre del 1944, si creò a Roma l’UDI, Unione Donne in Italia, per iniziativa di donne appartenenti al PCI, al PSI, al Partito d’Azione, alla Sinistra Cristiana e alla Democrazia del Lavoro e fu l’UDI a prendere l’iniziativa di celebrare, l’8 marzo 1945, la prima giornata della donna nelle zone dell’Italia libera, mentre a Londra veniva approvata e inviata all’ONU una Carta della donna contenente richieste di parità di diritti e di lavoro. Con la fine della guerra, l’8 marzo 1946 fu celebrato in tutta l’Italia e vide la prima comparsa del suo simbolo, la mimosa, che fiorisce tra febbraio e marzo, secondo un’idea di Teresa Noce,di Rita Montagnana e di Teresa Mattei.
Il femminismo
Lo stesso argomento in dettaglio: Femminismo.
Manifestazione femminista italiana del 1977
L’8 marzo 1972 la giornata della donna a Roma si tenne in piazza Campo de’ Fiori: vi partecipò anche l’attrice statunitense Jane Fonda, che pronunciò un breve discorso di adesione, mentre un folto reparto di polizia era schierato intorno alla piazza nella quale poche decine di donne manifestavano con cartelli chiedendo la legalizzazione dell’aborto e la liberazione omosessuale. Il matrimonio venne definito prostituzione legalizzata e circolò un volantino che chiedeva che non fossero lo Stato e la Chiesa ma la donna ad avere il diritto di amministrare l’intero processo della maternità. Quelle scritte furono giudicate intollerabili e la polizia, senza lo squillo di tromba previsto, caricò, manganellò e disperse le pacifiche manifestanti. In molte città d’Italia sono stati intitolati all’8 marzo strade e giardini.
da wikiwand
Per il mio cuore basta il tuo petto
Per il mio cuore basta il tuo petto, per la tua libertà bastano le mie ali. Dalla tua bocca arriverà fino al cielo ciò che stava sopito sulla mia anima. E’ in te l’illusione di un giorno. Giungi come rugiada sulle corolle. Scavi l’orizzonte con la tua assenza, Eternamente in fuga come l’onda. Ho detto che cantavi nel vento come i pini e come gli alberi maestri delle navi. Come quelli sei alta e taciturna. E di colpo ti rattristi, come un viaggio. Accogliente come una vecchia strada. Ti popolano echi e voci nostalgiche. Io mi sono svegliato e a volte migrano e fuggono gli uccelli che dormivano nella tua anima.