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Vecchia cartolina della Benecia
PERCHE' I GIOVANI MIGRANO
FONTE dom
Centomila zainetti di ghiaccio… Di ghiaccio perché migrano, i nostri neo-diplomati e neo-laureati, in genere i nostri giovani, di preferenza verso Nord, verso i Paesi freddi, oltre che da altre parti. Un dato oggettivo che, diversamente da altri che descrivono qualche realtà sociale ed economica, sembra abbastanza facile da comprendere.
D’altra parte, come diceva un famoso accademico, la cosa più difficile per un economista è «alzare lo sguardo dalle tabelle, e, una buona volta, guardare la realtà». Che oggi significa carenza di buoni posti di lavoro, e quindi di aziende, attività, imprese che siano in grado di creare valore, e di offrire tali prospettive in termini di occupazione, crescita professionale, stipendio.
Da una parte siamo il Paese delle «Big Company»,multinazionali «smaterializzate» che pagano tasse da qualche altra parte, che delocalizzano, che occupano funzioni (a volte in modo parassitario) una volta gestiti in regime pubblico (es. poste, trasporti,comunicazioni, telefonia, informazione, sanità e molti altri).
Da un’altra, siamo il Paese delle micro imprese, delle imprese individuali e familiari, delle Pmi «migliori al mondo», dei «distretti» che vengono studiati «anche in Giappone», ecc. ma che nel tempo si rivelano essere deboli, troppo deboli per trasformarsi in aziende strutturate, per crescere, per superare la soglia del passaggio generazionale, semplicemente per innovare e per investire. Manca invece uno strato di aziende sufficientemente avviate e capitalizzate, capaci di perseguire strategie, di investire in «Research & development ». E questo per interi settori dell’economia (a parte qualche caso di eccellenza nel manifatturiero).
È evidente, in Italia – 4ª o 5ª potenza industriale del mondo – le aziende non crescono, spesso restano allo stato di attività «invisibili », anche al fisco, a volte diventano «terzisti» che dipendono da committenti collocati in altri paesi (spesso appunto in Nord Europa); spesso restano allo stato di attività artigianali, che si nascondono dietro l’alibi della «creatività», della capacità di inventare, che invece sopravvivono grazie a una favorevole condizione che si è consolidata nel tempo, che deriva da un mix di ricerca di consenso, opportunismo, e incapacità di crescere.
Una situazione che significa normative favorevoli, spesso atteggiamenti accondiscendenti, flat tax, rottamazioni di rottamazioni, condoni e concordati, che si combinano a una capacità camaleontica – che si è affinata in quel contesto di giungla normativa – di mimetizzarsi tra le mille difficoltà quotidiane. Una situazione che permette alle stesse di continuare a sopravvivere, ma che significa anche una sorta di concorrenza sleale rispetto alle imprese strutturate: è evidente che a molti «conviene» non crescere, non investire, continuare a pagare un fisso che mette al sicuro dagli accertamenti, piuttosto che investire in innovazioni, o creare una struttura organizzativa che però genera «costi fissi» sempre più pesanti.
Così nella manifattura, nelle costruzioni, nei servizi, per appalti e sub-appalti pubblici, nelle manutenzioni, negli studi professionali, nelle officine, nelle attività bancarie e assicurative, nella consulenza; così soprattutto nelle attività ad «alta intensità di cultura», di conoscenza, di capacità umane e relazionali, dell’ospitalità, del turismo – essenziali per «traghettare» verso il post industriale: la micro impresa turistica, il tipico albergo a conduzione familiare, non investe su se stessa, sfrutta le stagionalità, assume personale occasionale, non considera le nuove opportunità, le evoluzioni del mercato, i nuovi gusti, le nuove attività. Certamente è apprezzata perché riesce a garantire straordinari livelli di qualità (seppure sempre agli stessi clienti), per es. personalizzando il servizio, mantenendo costi limitati (grazie a mille espedienti), ma resta una piccola impresa, che non fa promozione, che sa solo sfruttare le circostanze, cioè l’avviamento indotto da bellezze naturali e risorse culturali, senza produrre molto valore aggiunto.
Il giovane neo-diplomato o neo-laureato invece ha bisogno di prospettive: il primo impiego è quello che segna una carriera, perché introduce in un mondo di opportunità – al contrario il piccolo albergo, il ristorante a conduzione familiare, il laboratorio artigianale, il negozio posizionato ai limiti della Ztl, non assumono, se non i parenti del titolare, o qualche stagionale.
Il nostro giovane invece vuole imparare un mestiere, vuole essere inserito in un sistema di conoscenze, di corsi di aggiornamento, di esperienze internazionali, per costruire un curriculum. Una situazione che deriva da evoluzioni storiche ma che significa anche un corto circuito etico- economico: i titolari della micro impresa, che resiste tra mille difficoltà, continuano a ritenersi ingiustamente trattati, e anche perseguitati da burocrazia tiranna, dall’«Europa» che inventa leggi assurde, dal fisco che colpisce alla cieca… Così finiscono per ritrovarsi in una realtà sempre più difficile, che non riescono a comprendere, e nello stesso tempo si ritrovano nell’incapacità di svolgere certe funzioni (di strategia, di conoscenza, di innovazione ecc.), che garantiscono la stabilità e la crescita di tutto il sistema, la produzione di nuovo valore, la creazione di buoni posti di lavoro. Un circuito vizioso, una vera emergenza, un segno del declino di cui molti parlano, che finisce per degenerare in atteggiamenti che è fin troppo facile definire come populistici, che prima o poi, prima che invecchino anche i nostri giovani, sarà necessario affrontare.
Igor Jelen
BENVENUTA PRIMAVERA/DOBRODOŠLA POMLAD






Minestra di brovada
Discovering Benečija
SAN GIUSEPPE
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Giuseppe,Giuseppina,Pino,Pina,Beppo, ... |
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San Giuseppe col Bambino Guido Reni, 1635 |
Giuseppe (in ebraico יוֹסֵף?, Yosef; in greco antico: Ιωσηφ?, Iōsēph; in latino Ioseph; I secolo a.C. – Nazareth, I secolo), secondo il Nuovo Testamento, è lo sposo di Maria e il padre putativo di Gesù.
Definito nel Vangelo secondo Matteo come uomo giusto, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa ortodossa e fu dichiarato patrono della Chiesa cattolica dal beato Pio IX l'8 dicembre 1870. Gesù, Maria e Giuseppe compongono la Sacra Famiglia.
In Friuli e in Benecia è un santo molto onorato.
In Slovenia e in Friuli il nome Giuseppe era molto diffuso.Mia mamma,mio nonno e mio cugino si chiamano Giuseppe.
Auguri a tutti i Giuseppe e Giuseppine.
DEDICATA A TUTTI I PAPA'
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fatta con IA |
Un padre
Un padre è qualcuno che ti prende in braccio e ti insegna a ridere.
Qualcuno che quando chiudi gli occhi puoi sentire il suo cuore battere nel tuo.
Qualcuno che con la sua mano grande come il cielo ti indica la strada.
Qualcuno che, basta un soffio appena nei polmoni, per toglierti ogni paura.
Che grande forza che ha un padre.
Fabrizio Caramagna
Festa del papà
La festa del papà è una ricorrenza civile diffusa in alcune aree del mondo, celebrata in onore della figura del padre, della paternità e dell'influenza sociale dei padri. Nella Svizzera italiana è elevata a festività a tutti gli effetti.
La data in cui si festeggia è alquanto variabile da Paese a Paese .
Nei paesi cattolici, i padri vengono celebrati fin dal Medioevo il 19 marzo, giorno di San Giuseppe, padre putativo di Gesù.
Secondo un'antica tradizione, il culto di questo padre adottivo si sviluppò fin dal V secolo in certi monasteri egiziani dove fu scritta la Storia apocrifa di Giuseppe il falegname e dove la sua festa fu fissata al 20 luglio (rimane tuttora nel calendario copto).
Il culto di questo santo si diffuse anche intorno alla "casa di Giuseppe" almeno dal VI secolo. Questo culto decadde alla fine dell'Alto Medioevo. La sua festa del 19 marzo appare per la prima volta nell'anno 800 in un martirologio gallicano scritto da Rheinau, in cui è chiamato Ioseph sponsus Mariae ("Giuseppe sposo di Maria").
La scelta di questa data sei giorni prima della festa dell'Annunciazione è probabilmente dovuta a una confusione con il nome di un martire di Antiochia chiamato Giuseppe o Giosippo, già celebrato il 19 marzo, e anche una concordanza sincretica con le Quinquatrie, feste religiose in onore della dea Minerva.
Nei secoli successivi, non fu più conosciuto semplicemente come il marito di Maria, ma come un padre, Nutritor Domini ("Nutritore del Signore"). Il suo culto, al quale la Chiesa associa tradizionalmente la festa dei padri, si sviluppa nei secoli XIV e XV (in particolare sotto l'influenza francescana, che sono diventati i custodi della "casa di Giuseppe" ). Il capitolo generale dei Francescani di Assisi adotta la sua festa del 19 marzo nel 1399, ma la tradizione fatica a imporsi perché Giuseppe rimane «il grande silenzioso del Vangelo».
La festa è celebrata in varie date e spesso è accompagnata dalla consegna di un regalo al proprio padre. Già nel 1871 la Chiesa cattolica aveva proclamato San Giuseppe (festeggiato il 19 marzo) protettore dei padri di famiglia e patrono della Chiesa universale. Come sintetizzava papa Leone XIII: «In Giuseppe hanno i padri di famiglia il più sublime modello di paterna vigilanza e provvidenza; i coniugi un perfetto esemplare d’amore, concordia e fedeltà coniugale; i vergini un tipo e difensore insieme della integrità verginale. I nobili imparino da lui a conservare anche nella avversa fortuna la loro dignità e i ricchi intendano quali siano quei beni che è necessario desiderare. I proletari e gli operai e quanti in bassa fortuna debbono da lui apprender ciò che hanno da imitare»
da wikipedia
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